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martedì 10 dicembre 2019

Posacenere in vetro di Murano verde sfaccettato di Flavio Poli, Italia, anni '50



Nel 1929 Flavio Poli collaborava con la ditta I.V.A.M. (Industrie Vetraie Artistiche Murano) - della quale era socio Libero Vitali - e disegnava figure, da realizzare in vetro massiccio. Poli fu il primo ad affrontare, a Murano, il tema del nudo femminile: nella Compostiera del 1929-30, disegnò un busto femminile centrale, con funzione di presa.
Per la Compagnia di Venezia e Murano ideò animali massicci e per la vetreria artistica Mario e Lino Nason creò figure, in collaborazione con l'incisore Gino Francesconi. Collaborò anche con l'antica vetreria Pauly & C. - Compagnia Venezia Murano.
I suoi disegni erano eseguiti in vetro da vetrai professionisti, tra cui Francesco Martinuzzi e Italo Nason, che realizzò la serie di sculture Pudore, in puro stile Novecento, traendole ognuna da un'unica massa di vetro trasparente, bianco o ambrato. Uno di questi nudi femminili appartenne alla collezione di Duilio Cambellotti e fu esposto alla Biennale di Monza del 1930 e alla Mostra delle Arti decorative di Amsterdam del 1931. La raccolta di Arti Applicate del Castello Sforzesco di Milano possiede due sculture di questa serie che provengono dalla collezione di Ugo Nebbia.
La I.V.A.M. nel 1934 si associò alla Barovier Seguso & Ferro e nel 1937 prese il nome di Seguso Vetri d'Arte: da antica fucina di famiglia diventava così una vera azienda, soprattutto a partire dal 1934, quando Flavio Poli ne assunse la direzione artistica, divenendone anche socio nel 1937. Flavio Poli progettò per la Seguso Vetri d'Arte vasi massicci di largo spessore, sculture e lampade.

lunedì 9 dicembre 2019

Trench Art su bussolotto da 30 mm AFV 003RG97

L'arte della trincea è qualsiasi oggetto decorativo realizzato da soldati, prigionieri di guerra o civili cui la fabbricazione è direttamente collegata al conflitto armato o alle sue conseguenze. Offre uno spaccato non solo dei loro sentimenti ed emozioni sulla guerra, ma anche dei loro dintorni e dei materiali che avevano a loro disposizione. 
Non limitato alle guerre mondiali, la storia dell'arte della trincea abbraccia i conflitti dalle guerre napoleoniche ai giorni nostri. Sebbene la pratica sia fiorita durante la prima guerra mondiale, il termine "arte della trincea" è anche usato per descrivere i souvenir fabbricati dal personale di servizio durante la seconda guerra mondiale. Alcuni oggetti fabbricati da soldati, prigionieri di guerra o civili durante i conflitti precedenti sono stati descritti retrospettivamente come arte della trincea.

lunedì 2 dicembre 2019

Miniatura dipinta con cornice in avorio

Miniatura dipinta su avorio ritratto di santa, dipinta ad olio, la miniatura è rotonda con una piccola cornice di bronzo, periodo prima metà del 1900, misure 5 cm x 5 cm


mercoledì 30 ottobre 2019

Medaglia del matrimonio tra Maria Pia di Savoia e Alessandro di Jugoslavia


Medaglia del matrimonio tra Maria Pia di Savoia e Alessandro di Jugoslavia, Febbraio 1955.
Condizioni: FdC (Fior di Conio) e con bustina di zecca

Materiale: Bronzo
Diametro: 2,6 cm
Peso: 7,6 g

Principessa Maria Pia di Borbone-Parma, Pricipessa di Savoia (Maria Pia Elena Elisabetta Margherita Milena Mafalda Ludovica Tecla GennaraNapoli24 settembre 1934) è la figlia maggiore dell'ultimo re d'Italia Umberto II e della regina Maria José. È dunque la sorella maggiore di Vittorio Emanuele di SavoiaPrincipe di Napoli, della principessa Maria Gabriella di Savoia e della principessa Maria Beatrice di Savoia. Con il primo matrimonio assunse il titolo di "Principessa di Jugoslavia" e con il secondo matrimonio, dopo il divorzio dal primo marito, assunse il titolo di "Principessa di Borbone-Parma".

Alessandro Karađorđević (in serboАлександар I КарађорђевићCettigne16 dicembre 1888 – Marsiglia9 ottobre 1934) fu re dei Serbi, Croati e Sloveni (1921-1929) e primo re di Jugoslavia (1929-1934).



sabato 26 ottobre 2019

Servizio da caffè Richard Ginori in Argento 800 e Porcellana



La Richard-Ginori, controllata dalla Richard Ginori s.r.l., è un'azienda fondata nel 1735 come Manifattura di Doccia dal marchese Carlo Ginori nella località di Doccia (Firenze). È famosa in tutto il mondo per la porcellana, la cui produzione è ancora localizzata a Sesto Fiorentino, nonostante la fusione col gruppo industriale del milanese Augusto Richard, proprietario di altri stabilimenti, avvenuta nel 1896, da cui la denominazione attuale, e la costante crescita del volume del prodotto.
Di rilevanza storica e artistica è il relativo Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia, adiacente allo stabilimento attuale, che raccoglie la produzione della manifattura dalla sua fondazione.
La Richard-Ginori, ufficialmente fallita nel gennaio 2013, è stata acquistata nel maggio 2013 dal gruppo Gucci, a sua volta controllato dalla società francese Kering.


giovedì 24 ottobre 2019

Francobolli 5 baiocchi e 3 baiocchi Stato Pontificio 1852



Crollato l’impero romano d’Occidente, la Chiesa di Roma divenne il più grande proprietario terriero d’Italia, coagulando nella parte centrale della Penisola i propri possedimenti, consolidandoli nel tempo e organizzandoli in uno stato sovrano che possedeva direttamente alcune regioni e controllava altre. Alla fine del Settecento il papa-re Pio VI, sovrano temporale e spirituale, governava su uno stato composto da Lazio, Umbria, Marche, Romagna fino a Bologna, e dalle exclaves di Benevento e Pontecorvo nel Napoletano e Avignone in Francia. Occupato da Napoleone, che annetté Roma al proprio effimero impero, dal congresso di Vienna lo Stato pontificio fu ripristinato nei confini precedenti, con la sola perdita di Avignone. Sul trono che era stato di Pietro si erano succeduti Pio VII, Leone XII, Pio VIII, Gregorio XVI e, dal 1846, Pio IX. L’inizio del pontificato di Pio IX fu salutato con favore dai liberali italiani, che auspicavano l’unità nazionale: il neopontefice aveva infatti concesso un’amnistia, una moderata libertà di stampa, una consulta, una guardia civica e, nel 1848, una costituzione. Si schierò con il Piemonte nella Prima guerra d’indipendenza, ma poi cambiò idea assumendo posizioni filoaustriache. Nel 1849 si rifugiò a Gaeta abbandonando Roma, dove si costituì una breve repubblica, stroncata pochi mesi dopo dalle armi francesi. Nel 1850 Pio IX rientrò in città, abolì le libertà che aveva concesso, e sullo stato calò una rigida censura e una politica autoritaria e repressiva.

La prima emissione

In questo clima rigido, dopo Lombardo-Veneto, Piemonte e Toscana, il 1° gennaio 1852 vennero emessi i primi francobolli. La moneta allora in corso era lo scudo pontificio, diviso in 100 bajocchi, che valeva poco più di 5 lire italiane. Uscì una serie di otto francobolli: ½, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 bajocchi; la serie fu completata fra luglio e ottobre con l’8 bajocchi e gli alti valori da 50 bajocchi e 1 scudo, il francobollo di più alto valore facciale di tutti gli antichi stati italiani. Il soggetto era sempre il medesimo, cioè la tiara (la corona simbolo della sovranità papale) e le chiavi decussate (simbolo della Santa Sede) dentro cornici e fregi sempre diverse. Tra un francobollo e l’altro vi erano due filetti di separazione. Alcuni specialisti ricercano particolarmente francobolli con tutti i filetti di separazione e le quotazioni dei cataloghi in effetti premiano questi esemplari. La stampa, curata dalla tipografia della Reverenda camera apostolica, era in nero su fogli di carta colorata, mentre gli ultimi due valori furono stampati in inchiostro azzurro o rosa su carta bianca. Su documento intero sono molto rari: solo 30 lettere sono note con il 50 bajocchi e 75 con lo scudo.
Naturalmente, nel corso delle diverse ristampe dei vari francobolli si ebbero alcune differenze nei colori, che gli specialisti hanno catalogato. Una particolarità dei francobolli pontifici è l’uso frazionato: in mancanza di altri valori, un francobollo veniva tagliato a metà o a un terzo e utilizzato per la medesima frazione del valore. Nel 1858 si pensò a un francobollo da 20 bajocchi, che venne stampato, ma poi non venne emesso; sono noti due fogli interi, di cui uno al Museo postale vaticano.


mercoledì 23 ottobre 2019

martedì 22 ottobre 2019

Vaso bianco e nero in vetro di Murano



Vaso bianco e nero in vetro di Murano.
Misure: 3,5 cm x 1
6Shop

L'area in cui sorgeva Venezia in epoca pre-romana rappresentava la zona dell'Alto Adriatico, il punto d'arrivo di tutti gli scambi marittimi con le coste orientali del Mediterraneo. Tra tutte le merci giunte dall'Oriente, il vetro godeva di un ruolo di rappresentanza. A riprova di ciò attraverso scavi effettuati per la bonifica di edifici storici, sono state repertate strutture abitative di epoca romana, per cui ufficialmente si pensava che la città di Venezia fosse sorta dai transfughi delle città romane per trovare scampo dai barbari.
Da ciò si può capire che l'arte veneziana del vetro provenga direttamente da quella romana dell'Alto Adriatico e, comunque, il vero e proprio sviluppo si ebbe nel medioevo. I vetrai veneziani cominciarono a praticare quest'arte ereditando l'uso del vetro sodico dagli orientali. Tale composizione si adatta a lavorazioni a caldo e in questo si distinsero per il gusto estetico e l'uso di più colorazioni. La capacità estetica per i veneziani è fondata sull'intuizione che il vetro sia un materiale estremamente malleabile e quindi adatto ad essere soffiato e modellato allo stato incandescente, ma capace di mantenere le stesse caratteristiche cromatiche anche nel prodotto finito. Questo differisce dalla tradizione nordica, che sostiene che il vetro sia l'equivalente della pietra dura e quindi che l'abilità risieda nel valorizzare gli oggetti attraverso il taglio. I primi documenti che ci giungono sull'arte vetraria veneziana risalgono all'anno 982 d.C., anno in cui compare il nome di un artigiano vetraio a Venezia. Dopo il 982 si ebbe la conferma dell'esistenza di altri vetrai veneziani, ma nel XIII secolo il predominio risultò nettamente degli artigiani muranesi. Ciò fu dovuto al fatto che le vetrerie si concentrarono naturalmente nell'isola di Murano, tanto che nel 1291 lo Stato stabilì la distruzione di vetrerie costruite a Venezia deputandone a Murano l'origine storica.
Si ritiene che la vetreria ebbe origine a Murano intorno al X secolo, con notevoli influenze asiatiche ed arabe, dal momento che Venezia era un importante porto commerciale. La fama di Murano come centro di lavorazione del vetro nacque quando la Repubblica di Venezia, per prevenire l'incendio degli edifici della città (all'epoca in gran parte costruiti in legno), ordinò ai vetrai di spostare le loro fonderie a Murano nel 1291 e le prime sono sorte a Murano in provincia di venezia
Contrariamente agli altri paesi in cui le vetrerie sorgevano nelle sedi di produzione delle materie prime o del combustibile, Venezia e Murano hanno sempre importato tutti i materiali come il silicio vetrificante, la soda fondente ed altro, da luoghi lontani, compresa la legna, combustibile fino al secolo scorso, che arrivava dalle coste istriane e dalmate. La vera qualità dell'isola di Murano, però, era l'uomo con la sua esperienza, che nel tempo ha perfezionato gli stili, la qualità e l'abilità nel modellare il vetro incandescente. Questi artisti del vetro sono sempre stati contattati fin dal Rinascimento per portare nelle corti e nelle botteghe la loro abilità, tanto da diventare maestri. Infatti, per questa ragione, a Murano si attivò una scuola del vetro che avviava i giovani a questo mestiere anche se l'esperienza in vetreria restava unica. Nel Medioevo e nel Rinascimento il vetro di Murano era richiesto dalle classi sociali più elevate d'Europa a cominciare dall'invenzione del cristallo nel 1450 circa; infatti il cristallo è una qualità di vetro che si differenzia e che conferisce al vetro stesso delle caratteristiche peculiari dovute alla medesima base di silicio ma ad una percentuale maggiore di ossido di piombo (24%), per cui i prodotti creati risultavano particolarmente raffinati da soddisfare la richiesta di clienti estremamente facoltosi. Nel periodo barocco la ricerca si trasformò attraverso l'esecuzione di oggetti ad effetto quali i lattimi, ossia composizioni a base di silicati, stagno e piombo con aspetto bianco latte da cui l'etimologia, che si accostavano perfettamente ai mobili del Settecento veneziano anche nell'epoca decadente della Repubblica di Venezia. Dopo la fine della Repubblica di San Marco nel 1797 la rinascita dell'artigianato del vetro avvenne nella seconda metà del XIX secolo e le vetrerie che nacquero elaborarono tecniche ancor oggi in uso e che hanno dato luogo alla vetreria contemporanea e di design.
La categoria dei vetrai di Murano divenne ben presto quella più in vista nell'isola: infatti, dal XIV secolo i vetrai furono autorizzati a portare spade, godettero dell'immunità dai procedimenti giudiziari da parte dello Stato veneziano e alle loro figlie fu permesso di sposarsi con le più benestanti famiglie di Venezia. Tuttavia i vetrai non furono mai autorizzati a lasciare la Repubblica. Molti artigiani corsero il rischio a impiantare i forni di lavorazione nelle città circostanti o in paesi lontani come l'Inghilterra e i Paesi Bassi. Alla fine del XVI secolo, tremila persone sui settemila abitanti dell'isola di Murano erano coinvolti in qualche modo nel settore del vetro. Per diversi secoli, i vetrai di Murano mantennero un monopolio sulla qualità del vetro, sullo sviluppo o perfezionamento delle tecniche, tra cui quelle del vetro cristallino, del vetro smaltato, del vetro con fili d'oro (avventurina), del vetro multicolore (millefiori), del vetro-latte (lattimo) e delle pietre preziose imitate in vetro. Oggi, gli artigiani di Murano stanno ancora impiegando queste secolari tecniche, in ogni lavorazione: dall'arte contemporanea di vetro alle figurine di vetro di Murano, fino ai lampadari e tappi del vino. All'inizio del secolo XXI Murano rimane sede di un vasto numero di fabbriche e di studi-laboratori di singoli artisti che creano ogni sorta di oggetti in vetro sia per la commercializzazione di massa sia per sculture originali.

lunedì 21 ottobre 2019

Lattiera vittoriana realizzata da James Dixon & Sons del 1894



J Dixon & Sons (James Dixon & Sons), fondato nel 1806 a Sheffield , fu uno dei maggiori produttori britannici nella rivoluzione industriale del XIX secolo. Erano ben noti come produttori di peltro, metallo elettroplaccato Britannia , argenteria e nichel argento galvanizzato. I loro prodotti includevano centinaia di articoli per l'uso in cucina (ad es. Ciotole, utensili da taglio) e nella sala da pranzo (ad es. Servizi da tè, shaker e miscelatori), nonché articoli come candelabri per tutte le stanze. Erano un leader mondiale nella produzione di accessori per il tiro nel corso del diciannovesimo secolo ed esportavano in America grandi boccette di polvere, erano conosciuti come produttori di fischietti, che come la maggior parte dei loro prodotti erano di eccezionale qualità; erano uno dei 4 grandi produttori di fischi, gli altri erano W Dowler & Sons , J Stevens & Son & T Yates .
Si trovava prima a Silver Street (1806), Cornish Place (1822) Sheffield.
Il loro marchio registrato dal 1879 era una tromba con uno stendardo appeso ad esso. Sebbene registrato nel 1879, il logo "Trumpet with Banner" è stato usato a volte prima della registrazione e appare su alcuni dei loro pezzi di piatto d'argento. Erano uno dei nomi più importanti dell'EPNS e degli articoli per la tavola in argento sterling, inclusi i servizi da tè in argento e i pezzi cavi. Hanno anche realizzato articoli in argento che servivano pezzi e avevano un ampio catalogo di modelli. I loro set da tè e pezzi cavi realizzati in argento sono molto preziosi come oggetti d'antiquariato.
Erano anche famosi per i loro trofei sportivi. Due dei più noti sono il Hales Trophy commissionato nel 1932 (a volte chiamato Blue Riband), sebbene ciò si riferisca realmente al ciondolo pilotato dalla nave a vela che attualmente detiene il record per l'attraversamento più veloce dell'Atlantico. Il trofeo fu quindi detenuto dai proprietari di quella nave. L'altro grande trofeo è quello presentato al vincitore del torneo American Masters Golf che si tiene ogni anno ad Augusta in Georgia. Questo trofeo è un modello in scala della club house realizzato nel 1959-60 e contiene 453 once troy d'argento.
La società ha continuato a essere un'impresa a conduzione familiare fino al 1976. I modelli sono attualmente di proprietà di un'altra società Sheffield che esporta prodotti principalmente in Medio Oriente

domenica 20 ottobre 2019

Medaglia ricordo della regina Elena (fdc) con busta di zecca



Splendida e rara medaglia ricordo della regina Elena di Montenegro moglie del re Vittorio Emanuele III in argento 1936,
la medaglia presenta sul dritto gli stemmi di casa Savoia e del Montenegro sovrastati dalla corona reale,
al retro presenta la firma della regina contornata dai nodi d'amore Savoia.
Condizioni: FDC (Fior di conio)

Diametro: 23,5 mm
Peso: 6,3 g

sabato 19 ottobre 2019

"Donna del Sud" di Mario Fontana


"Donna del Sud" di Mario Fontana Opera n. 15/90 Misure: 47 cm x 33,5 cm


In Mario Fontana troviamo un'artista che con i propri quadri trasporta in un'altra realtà. Scivoliamo in un mondo di colori caldi e freddi combinati con maestria, un mondo di pennellate sicure che costruiscono figure senza volto ma perfettamente riconoscibili, donne dalle forme sinuose ed equilibrate, disegni stilizzati i cui colori si stagliano su sfondi neri che ne evidenziano le linee precise. Questi quadri ci portano a sperimentare una sensibilità difficilmente raggiungibile: in un mondo contemporaneo fatto di linee dure e minimaliste, le sue curve permettono di vedere le cose da un'altra prospettiva, una prospettiva lenta e delicata che contrasta con la fretta e la rigidità con cui ci relazioniamo ai particolari quotidiani. Un mazzo di chiavi, che tutti i giorni prendiamo in mano in modo automatico, diventa un mazzo di colori da cui attingere per andare oltre il velo che caratterizza tante delle sue opere.

venerdì 18 ottobre 2019

Scultura Centenario Alleanza Assicurazioni di Angelo Grilli



Scultura Centenario Alleanza Assicurazioni (1898-1998) di Angelo Grilli.
Marchiata S. Johnson.
Materiale: Bronzo dorato
Misure: 9 cm x 8,5 cm 
Peso: 788 g


Angelo Grilli (Pavia, 28 ottobre 1932 – Pavia, 29 dicembre 2015) è stato uno scultore e medaglista italiano.
Fu il padre Vittorio, anch'egli scultore, ad introdurlo in quell'arte che poi perfezionò frequentando la scuola d'arte della sua città natale per poi proseguire alla Scuola Superiore d'Arte Cristiana di Milano e quindi all'Accademia Cignaroli di Verona. Partecipò a numerose mostre, concorsi e premi tra cui diversi congressi FIDEM (Fédération internationale de la médaille d'art) e mostre dell'AIAM (Associazione italiana amici della medaglia). Tra le principali realizzazioni il grandioso rilievo in cotto della Sacra Famiglia per l'omonima chiesa di Pavia (1977) come anche, per la stessa sua città, il monumento ai caduti (1993). Un altro grande rilievo in ceramica raffigurante "La Madonna della Palestina" fu collocato nel 2013 sulla facciata di Palazzo Vigoni dello stesso capoluogo pavese. Numerosa la produzione medaglistica che nel 2015 gli valse il premio alla carriera - per la prima volta assegnato ad un italiano - della prestigiosa American Numismatic Society di New York, premio che non poté tuttavia ritirare per l'aggravarsi delle condizioni di salute e il sopraggiungere della morte.

giovedì 17 ottobre 2019

Antica bombilla Yerba Mate in argento oro e rubini



Antica bombilla da Yerba Mate in argento con imboccatura e sfera in oro basso con tre rubini incastonati.
Lunghezza: 25 cm
diametro rubini: 4 mm

Si chiama mate (in spagnolo mate, in portoghese chimarrão, in portoghese arcaico balsabarrio) l'infusione preparata con le foglie di erba Mate (in spagnolo yerba Mate o semplicemente yerbaerva Mate in portoghese), una pianta originaria del Sud America. Seguendo lo stesso procedimento del , la yerba Mate è essiccata, tagliata e sminuzzata. Il suo sapore si sposa tanto con cibi dolci, quanto con quelli salati. Tradizionalmente questa infusione si beve calda.

La tradizione della preparazione del mate è stata appresa dai colonizzatori spagnoli dagli indios guaraní. Nel periodo degli insediamenti Gesuiti nella Provincia Real del Guayra, oggi stato del Paraná in Brasile, nel XVI secolo i soldati spagnoli, che avevano l'abitudine del tè, hanno preso questa erba usata dagli indigeni, messo la bombilla e l'acqua calda. Gli indigeni la usavano con acqua fredda, bevendo e separando le foglie con le labbra superiori. Questa bibita poi è diventato il principale commercio di questa provincia con la città di Asuncion, nel Paraguay. Con il passare del tempo fu adottata come bibita tradizionale dei gaucho e huaso, in Argentina, Paraguay, Uruguay, Cile e Regione Sud del Brasile) e lungo tutta la cordigliera delle Ande.
Attualmente il mate si conferma un infuso molto popolare nei paesi menzionati, soprattutto in Uruguay, dove è bevuto quotidianamente da gran parte della popolazione. In paesi come l'Argentina e l'Uruguay, incluso nella sue capitali Buenos Aires e Montevideo, bere il mate è un rito quotidiano in quasi tutte le famiglie e, in alcuni casi, anche negli uffici dove è molto comune vedere professionisti lavorare davanti ai loro computer con una tazza di mate. Bere il mate per gli argentini e uruguaiani è un "rituale" così diffuso come per gli italiani bere una tazza di caffè o per gli inglesi il tè e il mate viene offerto agli ospiti. Legato al fenomeno dell'emigrazione italiana in Argentina e Uruguay, il consumo del mate in Italia si era affermato nel secolo scorso in particolare in alcune zone d'Italia, in particolare in Sardegna, essendo forte e antico il legame tra questa terra e Buenos Aires.
L'emigrazione portò il mate anche in alcuni paesi albanesi della Calabria arbëreshë e in particolare a Lungro, dove ancora ai nostri giorni è abitualmente consumato dalla popolazione seguendo le tradizioni importate dall'Argentina. I negozi di generi alimentari di Lungro vendono normalmente sia la yerba mate sia tutti gli accessori per gustare questo infuso. Le ricette usate per preparare la bevanda erano diverse. Per esempio in Valtellina il mate veniva preparato come mate "cocido" e integrato con vino rosso e una noce di burro. Sino agli anni Sessanta-Settanta era una bevanda comune, ma ancora oggi è utilizzato ed è possibile acquistarlo in alcuni negozi tradizionali, farmacie e soprattutto erboristerie.

mercoledì 16 ottobre 2019

Vaso in vetro di Murano del XX secolo


L'area in cui sorgeva Venezia in epoca pre-romana rappresentava la zona dell'Alto Adriatico, il punto d'arrivo di tutti gli scambi marittimi con le coste orientali del Mediterraneo. Tra tutte le merci giunte dall'Oriente, il vetro godeva di un ruolo di rappresentanza. A riprova di ciò attraverso scavi effettuati per la bonifica di edifici storici, sono state repertate strutture abitative di epoca romana, per cui ufficialmente si pensava che la città di Venezia fosse sorta dai transfughi delle città romane per trovare scampo dai barbari.
Da ciò si può capire che l'arte veneziana del vetro provenga direttamente da quella romana dell'Alto Adriatico e, comunque, il vero e proprio sviluppo si ebbe nel medioevo. I vetrai veneziani cominciarono a praticare quest'arte ereditando l'uso del vetro sodico dagli orientali. Tale composizione si adatta a lavorazioni a caldo e in questo si distinsero per il gusto estetico e l'uso di più colorazioni. La capacità estetica per i veneziani è fondata sull'intuizione che il vetro sia un materiale estremamente malleabile e quindi adatto ad essere soffiato e modellato allo stato incandescente, ma capace di mantenere le stesse caratteristiche cromatiche anche nel prodotto finito. Questo differisce dalla tradizione nordica, che sostiene che il vetro sia l'equivalente della pietra dura e quindi che l'abilità risieda nel valorizzare gli oggetti attraverso il taglio. I primi documenti che ci giungono sull'arte vetraria veneziana risalgono all'anno 982 d.C., anno in cui compare il nome di un artigiano vetraio a Venezia. Dopo il 982 si ebbe la conferma dell'esistenza di altri vetrai veneziani, ma nel XIII secolo il predominio risultò nettamente degli artigiani muranesi. Ciò fu dovuto al fatto che le vetrerie si concentrarono naturalmente nell'isola di Murano, tanto che nel 1291 lo Stato stabilì la distruzione di vetrerie costruite a Venezia deputandone a Murano l'origine storica.
Si ritiene che la vetreria ebbe origine a Murano intorno al X secolo, con notevoli influenze asiatiche ed arabe, dal momento che Venezia era un importante porto commerciale. La fama di Murano come centro di lavorazione del vetro nacque quando la Repubblica di Venezia, per prevenire l'incendio degli edifici della città (all'epoca in gran parte costruiti in legno), ordinò ai vetrai di spostare le loro fonderie a Murano nel 1291 e le prime sono sorte a Murano in provincia di venezia
Contrariamente agli altri paesi in cui le vetrerie sorgevano nelle sedi di produzione delle materie prime o del combustibile, Venezia e Murano hanno sempre importato tutti i materiali come il silicio vetrificante, la soda fondente ed altro, da luoghi lontani, compresa la legna, combustibile fino al secolo scorso, che arrivava dalle coste istriane e dalmate. La vera qualità dell'isola di Murano, però, era l'uomo con la sua esperienza, che nel tempo ha perfezionato gli stili, la qualità e l'abilità nel modellare il vetro incandescente. Questi artisti del vetro sono sempre stati contattati fin dal Rinascimento per portare nelle corti e nelle botteghe la loro abilità, tanto da diventare maestri. Infatti, per questa ragione, a Murano si attivò una scuola del vetro che avviava i giovani a questo mestiere anche se l'esperienza in vetreria restava unica. Nel Medioevo e nel Rinascimento il vetro di Murano era richiesto dalle classi sociali più elevate d'Europa a cominciare dall'invenzione del cristallo nel 1450 circa; infatti il cristallo è una qualità di vetro che si differenzia e che conferisce al vetro stesso delle caratteristiche peculiari dovute alla medesima base di silicio ma ad una percentuale maggiore di ossido di piombo (24%), per cui i prodotti creati risultavano particolarmente raffinati da soddisfare la richiesta di clienti estremamente facoltosi. Nel periodo barocco la ricerca si trasformò attraverso l'esecuzione di oggetti ad effetto quali i lattimi, ossia composizioni a base di silicati, stagno e piombo con aspetto bianco latte da cui l'etimologia, che si accostavano perfettamente ai mobili del Settecento veneziano anche nell'epoca decadente della Repubblica di Venezia. Dopo la fine della Repubblica di San Marco nel 1797 la rinascita dell'artigianato del vetro avvenne nella seconda metà del XIX secolo e le vetrerie che nacquero elaborarono tecniche ancor oggi in uso e che hanno dato luogo alla vetreria contemporanea e di design.
La categoria dei vetrai di Murano divenne ben presto quella più in vista nell'isola: infatti, dal XIV secolo i vetrai furono autorizzati a portare spade, godettero dell'immunità dai procedimenti giudiziari da parte dello Stato veneziano e alle loro figlie fu permesso di sposarsi con le più benestanti famiglie di Venezia. Tuttavia i vetrai non furono mai autorizzati a lasciare la Repubblica. Molti artigiani corsero il rischio a impiantare i forni di lavorazione nelle città circostanti o in paesi lontani come l'Inghilterra e i Paesi Bassi. Alla fine del XVI secolo, tremila persone sui settemila abitanti dell'isola di Murano erano coinvolti in qualche modo nel settore del vetro. Per diversi secoli, i vetrai di Murano mantennero un monopolio sulla qualità del vetro, sullo sviluppo o perfezionamento delle tecniche, tra cui quelle del vetro cristallino, del vetro smaltato, del vetro con fili d'oro (avventurina), del vetro multicolore (millefiori), del vetro-latte (lattimo) e delle pietre preziose imitate in vetro. Oggi, gli artigiani di Murano stanno ancora impiegando queste secolari tecniche, in ogni lavorazione: dall'arte contemporanea di vetro alle figurine di vetro di Murano, fino ai lampadari e tappi del vino. All'inizio del secolo XXI Murano rimane sede di un vasto numero di fabbriche e di studi-laboratori di singoli artisti che creano ogni sorta di oggetti in vetro sia per la commercializzazione di massa sia per sculture originali.

martedì 15 ottobre 2019

Legno fossile pietrificato del Madagascar



Legno fossile pietrificato del Madagascar.
Gli alberi, per pietrificarsi, vengono sepolti in un ambiente privo di ossigeno, generalmente in ceneri vulcaniche. Senza ossigeno, il legno non può decomporsi ed è per questo motivo che è possibile trovare strutture di alberi perfettamente conservati nel loro aspetto originale.
Nel tempo minerali come manganese, ferro e rame penetrano dall'acqua e dal terreno circostante nel legno e si combinano dando forma di pietrificazione e donando al legno colorazioni diverse in base alla presenza di un minerale o piuttosto che dell'altro. I quarzi puri sono incolori, ma quando degli agenti contaminanti vi entra in contatto, allora questi cristalli
vanno ad assumere diverse tonalità, tendenti al giallo, al rosso o altre tinte. Il risultato finale di questo processo è il legno fossile.
Questo è l’unico processo al mondo dove un essere vivente si trasforma in un minerale, restando esteticamente molto simile e conservando addirittura la sua struttura originale fino a
livello microscopico, a differenza degli atri tipi di fossili che in genere sono compressioni o impressioni del organismo fossilizzato.
La pietrificazione potrebbe avvenire anche solo nel corso di 5-10.000 anni. Anche se alcuni scienziati a Washington sono riusciti in laboratorio a simulare il processo formativo in un
breve lasso di tempo, in natura la maggior parte del legno pietrificato ritrovato si è formato in un periodo che varia tra i 50 e i 260 milioni di anni fa - durante i periodi Triassico, Jurassico e Cretaceo. E quindi, anche se non sembra vero, i dinosauri mangiavano, dormivano e cacciavano proprio in queste foreste, tuttora visibili!
Colori: venature di bianco, rosso, marrone chiaro.
Minerali principali: silicio, ossidi di ferro, magnesio, tipico del Madagascar

sabato 28 settembre 2019

Coppia di vasi Trench Art


Bellissima coppia di vasi Trench Art ricavati da bossolo americano tipo M14 da 105mm per obice M2A1. Le incisioni sono di manifattura fine e ricche di dettagli e rendono i vasi delle vere opere d'arte ricche di storia e significato.
Anno di fabbricazione: 1942
Misure
Altezza: 36.5 cm
Diametro: 10.5 cm

venerdì 27 settembre 2019

Vaso dei Ragni, ceramica dipinta con elementi in oro a rilievo di Pucci Umbertide 1952.


Misure: 24 cm x 24 cm
IL PEZZO ICONA
Cromatismo misurato e dorature. Trionfa il disimpegno, la pacatezza, il sereno. Il ragno tesse la tela.
Questo vaso è l'immagine più rappresentativa del marchio Pucci. Entrato in catalogo nei primi anni '50, esprime a pieno lo spirito artistico della fase centrale e più rinomata della manifattura di Umbertide. La sagoma ricorda un pallone da calcio (sport già da tempo nel cuore degli italiani) in una versione afflosciata. Quattro ammaccature, infatti, lo deformano dandogli un aspetto morbido, per nulla dinamico e competitivo. Contribuiscono a dare un senso di pacatezza e serenità le immagini rappresentate su di esso, gli elementi a forma di S (forse vermetti), le coccinelle in bassorilievo e i grandi ragni appoggiati sulla trama dorata con sette zampe. L'animaletto, da sempre simbolo di fortuna, invita alla speranza. Nel dopoguerra, la sua figura legata alla buona sorte è riscontrabile in molta iconografia delle arti applicate; compare, tra l'altro, anche in gioielleria, proposta in ciondoli per collane e nei famosissimi braccialetti charms. Proprio dalla gioielleria, Pucci trasse l'idea di creare le spille-ragno in ceramica. Prodotte in numero limitato, misurano circa 6 cm e il loro aspetto è identico a quello degli animaletti applicati sugli oggetti: sette zampine dorate e corpo in smalto colorato.
Domenico Pucci. Note biografiche.
Nato a Umbertide nel 1903, Domenico Pucci studia a Milano dove si laurea nel 1928 in Ingegneria Meccanica presso l'attuale Politecnico. Influenzato da professionisti del calibro di Arturo Danusso e Piero Portaluppi, porta avanti una progettualità modernista che concretizza attraverso la capacità di proporsi in modo nuovo in diversi ambiti lavorativi. Tra il 1933 e il 1940 realizza progetti di ville unifamiliari all'avanguardia per soluzioni tecniche; nel 1934 diventa socio delle Ceramiche Rometti e nel 1947 fonda le Ceramiche Pucci, poi Maioliche Pucci (1958-1962), suo maggior successo imprenditoriale in Italia e all'estero. Personalità dalle multiformi capacità eclettiche, l'ingegnere nel 1950-52 progetta anche un'utilitaria: PUCCI, le cui lettere formano l'acronimo Piccola Utilitaria Carina Confortevole Ideale. Ridenominata simpaticamente Puccina, la piccola automobile rimase un prototipo mai commercializzato; vide anche una riproduzione in miniatura che, a lei del tutto simile, presenta la carrozzeria in azzurro pallido e l'interno rosso. Concepita come gadget per l'acquisto dell'autovettura reale, anche la ceramiche rimase un prototipo, non entrò mai in catalogo, quindi ne esistono pochissimi esemplari. Dopo la chiusura della manifattura ceramica, Domenico Pucci insegna Disegno Tecnico presso gli Istituti Tecnici Industriali Don Bosco e Alessandro Volta di Perugia nel 1963 fino al 1973. Muore a Umbertide nel 1980.