Crollato l’impero romano d’Occidente, la Chiesa di Roma divenne il più grande proprietario terriero d’Italia, coagulando nella parte centrale della Penisola i propri possedimenti, consolidandoli nel tempo e organizzandoli in uno stato sovrano che possedeva direttamente alcune regioni e controllava altre. Alla fine del Settecento il papa-re Pio VI, sovrano temporale e spirituale, governava su uno stato composto da Lazio, Umbria, Marche, Romagna fino a Bologna, e dalle exclaves di Benevento e Pontecorvo nel Napoletano e Avignone in Francia. Occupato da Napoleone, che annetté Roma al proprio effimero impero, dal congresso di Vienna lo Stato pontificio fu ripristinato nei confini precedenti, con la sola perdita di Avignone. Sul trono che era stato di Pietro si erano succeduti Pio VII, Leone XII, Pio VIII, Gregorio XVI e, dal 1846, Pio IX. L’inizio del pontificato di Pio IX fu salutato con favore dai liberali italiani, che auspicavano l’unità nazionale: il neopontefice aveva infatti concesso un’amnistia, una moderata libertà di stampa, una consulta, una guardia civica e, nel 1848, una costituzione. Si schierò con il Piemonte nella Prima guerra d’indipendenza, ma poi cambiò idea assumendo posizioni filoaustriache. Nel 1849 si rifugiò a Gaeta abbandonando Roma, dove si costituì una breve repubblica, stroncata pochi mesi dopo dalle armi francesi. Nel 1850 Pio IX rientrò in città, abolì le libertà che aveva concesso, e sullo stato calò una rigida censura e una politica autoritaria e repressiva.
La prima emissione
In questo clima rigido, dopo Lombardo-Veneto, Piemonte e Toscana, il 1° gennaio 1852 vennero emessi i primi francobolli. La moneta allora in corso era lo scudo pontificio, diviso in 100 bajocchi, che valeva poco più di 5 lire italiane. Uscì una serie di otto francobolli: ½, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 bajocchi; la serie fu completata fra luglio e ottobre con l’8 bajocchi e gli alti valori da 50 bajocchi e 1 scudo, il francobollo di più alto valore facciale di tutti gli antichi stati italiani. Il soggetto era sempre il medesimo, cioè la tiara (la corona simbolo della sovranità papale) e le chiavi decussate (simbolo della Santa Sede) dentro cornici e fregi sempre diverse. Tra un francobollo e l’altro vi erano due filetti di separazione. Alcuni specialisti ricercano particolarmente francobolli con tutti i filetti di separazione e le quotazioni dei cataloghi in effetti premiano questi esemplari. La stampa, curata dalla tipografia della Reverenda camera apostolica, era in nero su fogli di carta colorata, mentre gli ultimi due valori furono stampati in inchiostro azzurro o rosa su carta bianca. Su documento intero sono molto rari: solo 30 lettere sono note con il 50 bajocchi e 75 con lo scudo.
Naturalmente, nel corso delle diverse ristampe dei vari francobolli si ebbero alcune differenze nei colori, che gli specialisti hanno catalogato. Una particolarità dei francobolli pontifici è l’uso frazionato: in mancanza di altri valori, un francobollo veniva tagliato a metà o a un terzo e utilizzato per la medesima frazione del valore. Nel 1858 si pensò a un francobollo da 20 bajocchi, che venne stampato, ma poi non venne emesso; sono noti due fogli interi, di cui uno al Museo postale vaticano.
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